Ragionamenti Bio intorno a un piatto di prugne

E’ incredibile come la natura ci metta di fronte a centinaia di variazioni su uno stesso tema.

E’ meraviglioso scoprire che un frutto è uno, nessuno e centomila, e che per ogni tipo che si mangia si assume un colore diverso dello spettro; la prugna si presta benissimo a questa piacevolissima scoperta, offrendoci in questa stagione sempre un volto diverso.

Esistono le prugne piccole e selvatiche, gialle e rosse dal sapore zuccherino squisito; ci sono le susine, quelle viola a punta con una polpa gialla delicatissima e estremamente indicate per fare delle deliziose marmellate casalinghe; ci sono le prugne gialle giganti, un trionfo di dolcezza, le sangue di drago da colore esterno rosso/verde e dalla croccantissima e asprigna polpa rosso sangue; ci sono le prugne nere fuori e bianche dentro, un piacere affondarci i denti. E poi ce ne sono tantissime altre, che nel periodo estivo si alternano o si contendono i favori degli acquirenti.

Noi, per non sbagliare, ne compriamo sempre un pò di tutti i tipi, e quasi ogni giorno ci prepariamo un piatto coloratissimo e ricco di gusti sempre nuovi.

Noi, però, compriamo la frutta fresca al mercato, da un contadino che vende al pubblico e che non usa i metodi dell’agricoltura convenzionale. Il contadino lavora come lavorava suo padre e il padre di suo padre prima di lui, ha rispetto della sua terra al punto che mai e poi mai taglierebbe un albero per fare spazio a un “business” diverso da quello che ogni giorno lo fa stare piegato a contatto intimo con la stessa terra. Il contadino non è certificato Bio, ma le brave persone non hanno bisogno di certificazioni per dimostrare la loro buona fede. Soprattutto, sono i suoi prodotti che non mentono: ogni settimana espone frutta e verdura diverse dalla precedente, porta quello che la sua terra produce e non quello che tutti gli altri fruttivendoli hanno esposto in maniera identica in tutti i banchi d’Italia. Sarebbe inutile star qui a portare prove che avallano le mie tesi perchè non c’è bisogno di convincere nessuno; tuttavia, il sapore di questi ortaggi è nettamente superiore a quanto potremmo mangiare altrove, e chi ci viene a trovare si stupisce sempre della bontà di quello che mettiamo in tavola, e nel caso di frutta è ovvio che non può essere “frutto” delle nostre doti culinarie.

Per tornare a noi, un altro indizio tradisce l’animo antico di questo contadino: espone sempre frutti che difficilmente si riescono a scorgere altrove.

E qui torniamo alle nostre amiche prugne, le quali insieme a tanti altri vegetali gli fanno onore: in quarant’anni di (presumibile) onorata vita masticatoria, mai e poi mai avevo visto in un mercato (e tantomeno nei negozi di pseudoalimenti chiamati supermercati) tanta varietà, ma soprattutto mai e poi mai avevo mangiato le sangue di drago o le dolcissime selvatiche.

Perchè, mi viene da pensare? Ma perchè l’agricoltura convenzionale è monocultivar, non si mette lì a curare piante secolari ma riduce i campi di frutta e verdura in filari ordinati di una sola specie di ortaggio per poterla gestire al meglio, farla maturare nello stesso tempo, propinare le stesse dosi di fertilizzanti al petrolio, insetticidi al petrolio, conservanti al petrolio. Così si riducono i costi e con tutto quel petrolio riescono pure a semimbalsamare il prodotto e farlo durare per settimane anzichè pochi giorni come la natura avrebbe previsto.

 

E quindi, quale potrebbe essere la differenza tra il contadino che preserva le sue varietà per offrire a sè stesso e a noi frutti antichi ma ahimè sconosciuti ai più, e l’imprenditore convenzionale?

Potrebbe essere la stessa differenza che c’è tra un racconto che riscalda l’anima e un sms pubblicitario

Potrebbe essere la differenza che passa tra un mondo di colori che rallegrano gli occhi e distendono la mente e un triste nonchè inutile volantino  in bianco e nero

Potrebbe essere la stessa differenza che c’è tra un bagno in un mare limpido e cristallino e quello fatto nella piscina condominiale 4×4 mt, ricca di dannosi miasmi e sempre con la stessa acqua.

 

Abbiamo perso molto negli ultimi 50 anni “grazie” all’agricoltura convenzionale e ai jet che portano il cibo da un angolo all’altro del continente…

Aabbiamo perso migliaia di specie di piante, sacrificate in nome della resa agricola, abbiamo perso la capacità di percepire decine e decine di sfumature di gusto perchè a tavola ci arrivano sempre le stesse 30/40 specie e tra l’altro pure maturate artificialmente perchè vengono raccolte quando sono ancora verdi, abbiamo perso la gioia di aspettare la stagione estiva per mangiare il cocomero, quella autunnale per le castagnate, e quella invernale per le mele.

Abbiamo perso la possibilità di vivere in mezzo a mille colori e nutrirci delle loro differenti  e vitali vibrazioni, abbiamo perso il piacere di andare per boschi e scoprire tra i rovi dei frutti deliziosi, abituati come siamo a mangiare quelli “allevati” che sanno di acqua, abbiamo perso il contatto con la terra che solo chi la ama sa trasmetterci, e per questo consentiamo alle imprese convenzionali di inquinare i nostri corpi, i nostri sogni, le nostre scelte.

Abbiamo perso la naturalezza di giocare con la terra, di sporcarci e di rivoltarci dentro di essa, temiamo di staccare un frutto dall’albero e mangiarlo così com’è perchè “se non c’è l’amuchina ci prendiamo germi e batteri”, siamo asettici, asfittici, stitici dentro e fuori.

Per quello che mi riguarda, non è poco, e sinceramente non me ne faccio nulla di dieci, cento, diecimila articoli che denigrano o tentano di sputtanare l’agricoltura biologica, perchè quello che questi signori non capiscono è che comprare cibo non è solo sborsare quantità il più possibile minime di denaro o nutrire il proprio corpo per sostentarci e andare a lavorare 12 ore al giorno.

Il cibo è vita, gioia, poesia, contatto con la madre terra, nutrimento per l’anima e molto altro. E le prugne del mio amico contadino oltre a nutrire il mio corpo riescono a fare tutto il resto. La lattuga radioattiva, proprio no.

Ragionamenti Bio intorno a un piatto di prugneultima modifica: 2009-08-07T15:29:00+02:00da bibendum3
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Un pensiero su “Ragionamenti Bio intorno a un piatto di prugne

  1. hai ragione, le brave persone non hanno bisogno di certificazioni 🙂 Il boicottaggio migliore che si può fare contro la grande distribuzione che elimina e appiattisce la biodiversità, è proprio comprare dalle brave persone. Sul posto, o tramite i GAS per chi vive in città 😉

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